Origini della sicurezza sul lavoro
Già nel IV secolo a.c. Ippocrate si occupava del rapporto tra lavoro e malattie, insegnando ai suoi discepoli d'informarsi sempre del mestiere dei loro pazienti per meglio diagnosticare le malattie.
Nel I° secolo d.c. l'imperatore Tiberio Claudio Druso si adoperò per alleviare le condizioni degli schiavi. Gli schiavi ammalati dovevano essere considerati liberi qualora fossero guariti e se qualche padrone avesse ucciso lo schiavo sarebbe stato processato per omicidio.
Nel medioevo operavano le corporazioni di arti e mestieri che assistevano i propri associati garantendo loro cure ed assistenza.
Nel 1556 fu pubblicato postumo il De re metallica del medico tedesco Georg Bauer (1494 - 1555), più noto come Agricola, versione latina del suo cognome. Il testo diede un contributo fondamentale alla mineralogia, alla metallurgia e alla geologia.
Nel libro è contenuto un enorme patrimonio di conoscenze in materia: sono discussi la geologia dei giacimenti, le tecniche di scavo, gli equipaggiamenti e i macchinari. In esso si analizzano gli infortuni e le malattie, ma si attribuisce all'incapacità dei lavoratori la causa degli infortuni.
Nel 1700, Bernardino Ramazzini professore di medicina all'Università di Modena e Padova, pubblicò la prima edizione del suo trattato più famoso "De Morbis Artificium Diatriba", il primo lavoro sulle malattie occupazionali.
Si recò personalmente nelle officine, investigò infatti circa 40 occupazioni descrivendo per ciascuna i rischi per la salute dei lavoratori e i possibili rimedi.
Nel '700, in Inghilterra, prenderà avvio quel processo di trasformazione radicale dell’organizzazione economica e sociale che va sotto il nome di "Rivoluzione industriale".
Le invenzioni del telaio meccanico e della macchina a vapore trasformarono il lavoro da artigianale in industriale. Sorsero le prime officine nelle quali si reclutavano a lavorare senza nessuna precauzione igienica, donne, adolescenti e anche bambini.
Nelle fabbriche i bambini cominciano a lavorare all’età di 6-7 anni. Questi bambini sono utilizzati come “attaccafili”, cioè devono aggiustare i fili di cotone, pulire i pavimenti o pulire le macchine.
I bambini iniziano il lavoro alle 5 o alle 6 di mattina e escono alle 7/8 di sera.
Durante il giorno i bambini e gli altri operai stanno chiusi nelle fabbriche dove c’è una temperatura di 26-30 gradi. Nelle fabbriche lavorano tante persone in uno spazio molto piccolo, con poca aria e finestre piccole. Molti bambini si ammalano o si feriscono con le macchine.
C’è solo un intervallo di mezz’ora per la colazione e un altro intervallo di mezz’ora per il pranzo. Se i bambini arrivano alla fabbrica in ritardo o fanno qualche sbaglio vengono picchiati dai sorveglianti.
(testo tratto da A. Londrillo: “Viaggio nella storia” ed. Mursia, Milano 1993 III vol., pag.36)
Nel 1833 si regolamenta il lavoro minorile:
Ragazzi 11-18 anni massimo 12 ore al giorno;
Ragazzi 9-11 anni massimo 8 ore al giorno;
Ragazzi al di sotto dei 9 anni divieto di lavoro.